DOMENICA UNCUT
DOMENICA 5 GENNAIO
Ore 18:30
ISLE OF LESBOS
di Jeff B. Harmon, 1997.
(VO sott. italiano)
Ore 21:00
A DIRTY SHAME
di John Waters, 2004.
(VO sott. italiano)
PROIEZIONI GRATUITE
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Presso:
KINESIS via G. Carducci N.3
Tradate (Varese)
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ISLE OF LESBOS
“Prendi Il Mago di Oz, aggiungi un pizzico di The Rocky Horror Picture Show e un boccone di Grease, quindi combinali con gli elementi di alcuni film di John Waters e aggiungi le favole che preferisci: questo è Isle of Lesbos”
Sola ed unica opera di Jeff B. Harmon, che la ha scritta, diretta e prodotta nel 1997, stendendo anche i testi delle canzoni, insomma, un degno erede di Ed Wood, che è stato pienamente all’altezza del suo illustre predecessore soprattutto dal punto di vista qualitativo che ha dato al suo (tutto suo) film unigenito.
La storia è quella di April, una ragazza acqua e sapone che vive a Bumfuck (“Cazzinculo”, come da traduzione), che presto sarà sposa del suo virile fidanzato, Dick Dickson; April però è scontenta, poichè sta scoprendo di essere attratta dall’altra sponda dell’amore, e così decide, disperata, di suicidarsi proprio nel giorno del suo matrimonio, comparendo poi, magicamente, nell’Isola di Lesbo, dove verrà accolta da un gruppo di coloratissime lesbiche che, come lei, hanno avuto la stessa bizzarra transizione; finalmente a suo agio, la nostra troverà l’amore fra le pingui braccia del capo di quel gruppo squinternato, Blatz, una corpulenta biker piuttosto rude; il ragazzo di April, Dick, intanto scopre dove si trova la sua ex amata, e, bardandosi come Rambo, decide di andarsela a riprendere…
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A DIRTY SHAME
Waters con questo film ritorna al modo di fare cinema per cui è celebre. Non nella forma, che è lucidata dall’esperienza degli anni ’90 con cast e crew di primo livello, bensì nei temi e nei toni. A dirty shame parte, che parte dalle basi del Crash di Ballard e finisce come una lussuriosa invasione di ultra-corpi-desideranti, è volgare e faceto, con un doppio senso ogni due battute, è liberamente oltraggioso e oltremodo anale, è un film che si tiene sempre e solo sul registro più basso, quello delle pulsioni sessuali e delle pratiche erotiche.
l risultato è una bella sarabanda erotofila, davvero senza freni: sta al senso del pubblico pudore di ciascuno se andare oltre alle mille provocazioni per vedere quel che c’è sotto. Perché se A dirty shame è semplicista e manicheista, in senso molto watersiano (il bigottismo provinciale di Baltimora sovvertito dalla libertà sessuale e dai “diversi”), non si può negare che – superato qualche shock e qualche risata molto grassa – sia uno spasso incredibile. Grazie a un cast divertito e divertente (il film sarebbe davvero impossibile da doppiare), a situazioni yeuch-pop e weirdo-surrealiste, ad accostamenti assurdi e incontrollati, ai geniali filmati d’archivio a simboleggiare lo status sessuale (à la Gerard Damiano).
Ma se potrebbe sembrare semplicemente come un giochino (mezzo) anarchico fine a se stesso oltre che svicolato da ogni sana struttura cinematografica (sempre detto che sia un male, è forse non lo è), questo è soprattutto un sogno, l’ultimo sogno di un sessantenne che sognava la rivoluzione sessuale e non l’ha mai vista realizzata. E così, portandosi dietro la solita manciata di canzonette della sua infanzia (quelle che sotto sotto parlano proprio sempre di peni e di vagine), Waters trasforma il film in un viaggio lisergico e onirico nella mente di un maniaco sessuale mai pacato, di un poeta della protesi che, per una volta, lascia da parte ogni “sporca vergogna” e guida il suo esercito di infoiati e ninfomani alla conquista del mondo.
E proprio come in tutti i film porno che si rispettino, il finale è proprio quello. Un’eiaculazione digitale, dritta dritta verso il cielo e poi giù fino a colpire, schiaffo spermatico!, i nostri occhi a schermo.
(http://giovanecinefilo.kekkoz.com/)
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